benedetto xv e "l'inutile strage"

Ottant'anni fa, il 1° agosto 1917, in un momento di stasi del primo conflitto mondiale, Benedetto XV lanciò un appello a tutti i belligeranti, perché si giungesse finalmente alla pace. Quello di Benedetto XV fu un gesto coraggioso, anche se, forse, sottovalutò le difficoltà sul piano politico per la risoluzione del conflitto: con quel documento il Papa spezzava un lungo silenzio sul tema della pace e in qualche modo segnava una strada in ambito politico, che la Chiesa non sempre ha saputo percorrere.

Da questo punto di vista è l'appello stesso, ancor prima che il suo contenuto, a costituire la grande novità. Porre la questione della pace al centro dell'attività diplomatica non era senza risvolti ne’ sul piano politico, ne’ sul piano teologico, poiché disgregava alla radice le pretese delle chiese nazionali.
Non bisogna dimenticare che la fine dall'astensione politica dei cattolici era avvenuto paradossalmente anche con la guerra, che diventava il banco di prova per lealtà e patriottismo, permettendo di ricucire strappi profondi fra credenti e Stato: e così a molti l'apertura di un fronte di pace sembrò perfino controproducente.

C'è da dire che in quegli anni il fascino del nazionalismo stava attraversando l'Europa intera, coinvolgendo, pur con motivazioni e accenti diversi, tutte le confessioni cristiane. E proprio questa ventata nazionalista aveva messo in luce l'incapacità delle chiese di orientare realmente le coscienze. Prima di tutto, scrive il Pontefice, il punto fondamentale deve essere che alla forza materiale delle armi sia sostituita la forza morale del diritto: da ciò deriva un giusto accordo di tutti per la diminuzione simultanea e reciproca degli armamenti, secondo regole e garanzie da stabilire, nella misura necessaria e sufficiente al mantenimento dell'ordine pubblico in ciascuno Stato; poi, in sostituzione degli eserciti, l'istituzione dell'arbitraggio, con la sua alta funzione pacificatrice, secondo norme da concertare e sanzioni da determinare contro lo Stato che rifiutasse sia di sottomettere le questioni internazionali all'arbitraggio, sia di accettare le decisioni.

Per quanto riguarda i risarcimenti per i danni di guerra, si propone per risolvere la questione il principio generale di un condono intero e reciproco, giustificato del resto dai benefici immensi da trarre dal disarmo. Invece nelle questioni territoriali, come ad esempio quelle che sono dibattute tra l'Italia e l'Austria, e tra la Germania e la Francia, c'era da sperare che in considerazione dei vantaggi immensi di una pace durevole, le parti in conflitto volessero esaminarle con animo conciliante.

di Filippo Milani - impaginato da Virginia Giradi

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